Favole: Un viaggio nel Regno degli Animali
Pioveva, quella sera. La pioggia scrosciava insistente con un rumore monotono, interrotto di tanto in tanto dal fragore dei tuoni.
La bambina si allontanò dalla finestra con aria triste, pensando fra sé che sarebbe stata una serata davvero noiosa, la sera del suo compleanno. Si consolò pensando che, a giudicare dal profumo lieve che veniva dalla cucina, ci sarebbe stata una torta al cioccolato e forse i biscotti a forma di faccine con gli occhi di glassa.
Se, poi, fosse venuta la nonna, ci sarebbe stato sicuramente qualche bel regalo, e sorrise fra sé immaginando il pacchetto di carta lucida e colorata stretta da un nastro. Chissà cosa c’era dentro. Chiuse gli occhi immaginando bambole, vestiti, macchinine...
La bambina sbatté gli occhi due o tre volte prima di credere a ciò che essi vedevano. Davanti a lei erano seduti in cerchio tutti i parenti che le sorridevano e battevano le mani. Lei stringeva nelle mani della carta colorata e del nastro, e sulle sue ginocchia era posato un libro. Alle orecchie le giungevano confuse le voci dei presenti che le facevano gli auguri e mille moine. Fra tutte risuonò chiara la voce della mamma:- Non ringrazi la zia Gea per il libro che ti ha regalato?-
Lei si guardò intorno confusa: con tutte le persone che c’erano non riusciva a ricordare il volto della zia Gea. Ma la mamma fu più svelta di lei e la sospinse verso una signora molto vecchia ma con il viso fresco ed un sorriso triste, vestita di blu, verde e marrone.
La bambina ringraziò con poche parole e scappò in cucina a mangiare i biscotti a forma di faccina. Ora quelle faccine, però, non sorridevano più.
Si ricordò del libro solo molto tempo dopo, quando tutti i parenti se ne furono andati e lei rimase sola nella penombra piovosa. Lo guardò: era molto grande ma sembrava contenere poche pagine. Era rivestito di stoffa blu, decorata con foglie verdi e marroni. Per contenere così poche pagine era piuttosto pesante, e così la bambina lo appoggiò per terra per poterlo sfogliare comodamente.
Non appena lo aprì, una strana luce la avvolse e di colpo le sembrò che non piovesse più ma che l’acqua la circondasse da tutte le parti. Si sentì d’improvviso leggera, agile e aggraziata... si accorse di volteggiare, di piroettare senza fatica in mezzo a questa luce blu che le ricordava l’acqua del mare quando è limpida e profonda.
Cercò i suoi piedi e le sue mani, ma non le trovò; si guardò e vide che il suo corpo si era trasformato in una sorta di ombrello bianco e gelatinoso, con tante frange che sembravano dei nastri di morbido tulle. Provò a muoversi e vide che poteva spostarsi verso l’alto con un movimento simile all’aprirsi e chiudersi di un ombrello. Così facendo una serie di tentacoli frangiati che si trovavano lungo il bordo dell’ ombrello ondeggiavano dolcemente, e lei si sentiva una dama di fine secolo con una grande gonna di trine. Era diventata una medusa bianca, elegante e trasparente.
Ad un tratto quella strana luce la avvolse di nuovo e lei si ritrovò a nuotare verso la superficie. Una volta raggiunto il pelo dell’acqua si accorse di avere quattro zampe con cui nuotare e che con le due anteriori stringeva due conchiglie. Si guardò intorno: altre lontre come lei stavano sdraiate sull’acqua facendosi cullare dalle onde e, tenendo una conchiglia sulla pancia e l’altra fra le zampe anteriori, le sbattevano l’una contro l’altra fino a che non si rompevano. Volle provare anche lei, ma al primo tentativo la conchiglia che teneva sulla pancia cadde in acqua e lei si tuffò per riprenderla; era così intenta nel gioco che non si accorse della luce che la investì. Il suo nuoto divenne più sinuoso, più poderoso, più aggraziato; si accorse di non avere più le zampe anteriori ma due robuste e corte pinne muscolose. Era una foca.
Nuotò a lungo piroettò e giocò con le altre sue simili fino a che la luce non la colpì. Si girò e fu un pinguino e scivolò con la pancia sui freddi banchi di ghiaccio del Polo Sud, poi un gabbiano e sorvolò con pochi battiti delle lunghe ed appuntite ali ampi spazi di mare aperto, poi una stella marina rossa come il corallo e scivolò fra scogli coloratissimi per via dei mille animaletti che vi abitano.
Presa dall’emozione provò a pensare al bosco ed ai suoi segreti. Allora si ritrovò a volteggiare, bianca e silenziosa come un fantasma, nella notte a caccia di topi, come un barbagianni. Poi fu lo svelto scoiattolo che correva di ramo in ramo seguito dalla soffice coda. Poi fu l’orso bruno che scuoteva energicamente un albero di mele selvatiche. Poi ancora fu un’agile lucertola che, immobile, si scaldava al sole di un muretto. All’improvviso fu tutto buio intorno a sé, e si sentì imprigionata, senza più mani, piedi o braccia. Poteva solo muoversi come una fisarmonica scavando, scavando... d’un tratto sbucò dal terreno dov’era immersa e si ritrovò in un ampio prato ai margini di un bosco. Scoprì di non essere più alta di un filo d’erba e di muoversi all’altezza del terreno. “Ma sì, sono un lombrico!!”, si disse. Tutta felice, si rituffò nel soffice terreno.
Diventò poi un ragno, che sostava vigile sulla propria tela. Scoprì di avere un campo visivo molto ampio con i suoi otto occhi, e di poter percepire anche la più piccola vibrazione della tela con le sue otto zampe ricche di sensibilissimi peli. Poi ancora fu una lenta chiocciola, una coloratissima libellula, un piccolissimo moscerino, un piccione poggiato su una statua, un topolino nascosto fra la paglia di un granaio, un fagiano dai colori sgargianti e poi fu la volpe che gli dava la caccia. Scese di nuovo la notte e lei fu il pipistrello che, con le sue ali vellutate, dava la caccia alle falene servendosi del suo sonar. Fu la lucciola, che illuminava a tratti l’erba circostante con la sua luce verde; fu un riccio dal musetto appuntito ed il corpo ricoperto di aculei.
La cosa più entusiasmante successe dopo, quando pensò al bruco della farfalla. Si vide d’un tratto chiusa dentro una crisalide e sentì il suo corpo modificarsi lentamente, organizzarsi per dare origine a qualcosa di completamente diverso. Quando si sentì pronta uscì dal bozzolo e lasciò che il sole la scaldasse, ed il vento facesse dondolare il filo d’erba su cui era posata. Vide le sue ali raggrinzite distendersi e prendere la loro forma definitiva. Volò via, e quando la luce la investì di nuovo si ritrovò in uno stagno a muoversi lentamente come una tartaruga acquatica, e dare la caccia ai lombrichi. Sbatté le palpebre sugli occhi verde dorato e andò alla ricerca di un raggio di sole che la scaldasse.
La colpì il pensiero di esplorare il mondo animale più piccolo, quello nascosto e segreto degli organismi unicellulari ed allora fu un’ ameba, un radiolare, un dinoflagellato, una vorticella... Tutto era così strano!! Si sentiva come un qualcosa di estremamente semplificato ma organizzatissimo. Ciglia, flagelli, pseudopodi erano i suoi “arti”, agili e velocissimi.
Stava per tentare di capire meglio quel mondo piccolo piccolo quando la luce la investì all’improvviso e una mano la toccò lievemente sul braccio...
- Alice, svegliati che fra poco arriverà la nonna!- disse la mamma con tenerezza.
- E’ già andata via la zia Gea?- chiese con ansia la bambina. - Ma cara, non c’è nessuna zia Gea nella nostra famiglia!- rispose stupita la mamma. Nel frattempo con un allegro chiacchiericcio stavano entrando dalla porta d’ingresso aperta, i vari parenti, ognuno salutando e porgendo gli auguri. La pioggia batteva insistente sui vetri ed i tuoni brontolavano piano di tanto in tanto.
La mamma portò il dolce ed i biscotti a forma di faccine sorridenti, i vari parenti posarono sul tavolo i pacchetti colorati e si disposero ad accendere le candeline. La bambina avrebbe voluto mettersi a piangere, scappare, delusa perché tutto non era stato che un sogno, quando notò fra i pacchetti una carta azzurra, verde e marrone. Corse ad aprirlo, senza nemmeno chiedere chi l’avesse portato.
La carta cadde a terra con un lieve fruscìo, il nastro si arrotolò ai piedi della bambina, che, tremando, osservava ciò che il pacchetto conteneva: un libro con la copertina blu, dal titolo “Un viaggio nel Regno degli Animali”.
Francesca Tantalo
Sono una strega con un brutto carattere. Di quelle delle favole, coi calzini a righe e il vestito nero, gli occhiali sulla punta del naso e i capelli sempre in disordine. E' vero? Forse, ma sono soprattutto una naturalista disoccupata, un'impiegata part time, una mamma full time e, semplicemente, una donna.
Scrivo per la rubrica di cucina per bambini nel blog Oasi delle Mamme, ho due stupendi frugoletti, un compagno comprensivo, un giardino enorme, mille sogni nel cassetto e un'enorme passione per la nostra stupenda Madre Terra