Fare la Baby Sitter non è solo un lavoro...
Lavorare con i bambini richiede una serie di doti che una buona baby sitter deve avere; la pazienza e l'affidabilità, ma anche l'empatia e l'attenzione alle piccole cose.
Questa professione si basa necessariamente sulla costruzione di un legame, un filo fatto di affetto e di emozioni che unisce la tata al bambino; perché si sa, i piccoli non si possono ingannare, sentono chiaramente se provi piacere a trascorrere del tempo con loro.
Come i due capi di un giocoso telefono senza fili, costruito con due lattine e un filo colorato che le unisce; ad un capo c'è il bambino che cresce giorno dopo giorno, dall'altro la ragazza che si occupa di lui, per un tempo più o meno prolungato.
Viene quindi da pensare a quanto il bambino sentirà la mancanza della sua tata una volta che questa avrà terminato il suo lavoro e a come probabilmente questa resterà sempre nel suo cuore.
Non dimentichiamoci però l'altro capo del filo, quello della baby sitter, spesso molto giovane e piena di entusiasmo; come affronterà il distacco dal bambino e la perdita del proprio posto di lavoro?
A questo proposito ho intervistato la giovane tata Silvia, che ci racconta la sua esperienza; un repentino e doloroso distacco, una storia comune a molte baby sitter.
Come ti chiami e che lavoro fai?
Mi chiamo Silvia, al momento sono tirocinante in un asilo e faccio da poco la baby sitter part-time per un bambino di nome Marco.
Prima ho lavorato per la famiglia G., per 3 anni e 4 mesi, con la loro bambina.
Come si chiama la bambina che tenevi?
Gaia.
Quanti anni aveva quando la hai presa in carico?
Non era ancora nata! Ho conosciuto la famiglia di Gaia 4 mesi prima che la bambina nascesse, perchè volevano assicurarsi fossi una persona idonea, e l'ho tenuta da quando è nata fino ai suoi 3 anni.
Il ricordo più bello che hai del tuo lavoro con Gaia?
La prima parola che ha detto! Non era il mio nome, era “nonno”; è stato bello perché suo nonno in quel periodo era malato e dicendo proprio nonno... è stato emozionante.
Come gestivi le tue emozioni, soprattutto negative, davanti alla bambina?
Ho sempre cercato di mantenere la rabbia e la tristezza personali più lontane possibili dal lavoro... ma quando Gaia vedeva qualcuno triste, per esempio suo nonno o sua nonna, era visibilmente scossa e preoccupata. Le ho spiegato quindi che anche i grandi potevano avere dei momenti di sconforto. Ad esempio, dopo il licenziamento, l'ho rivista e mi sono messa a piangere, le ho quindi spiegato che siamo grandi, ma possiamo piangere ed essere tristi tanto quanto i bambini e che il pianto è normale, come le risate.
Come mai hai interrotto la tua collaborazione con la famiglia di Gaia?
"Eh, non avevano più bisogno di me! La bambina è cresciuta, ora va alla scuola dell' infanzia, per cui la mia figura non era più... utile!" (Silvia sorride in modo nervoso)
Da quanto sei stata licenziata?
Da 3 mesi circa
In che modo ti è stata comunicata la notizia?
Ah, in un modo bellissimo! (Silvia usa un tono ironico) Mi è stata comunicata per telefono! Per telefono... poi c'è stato un colloquio orale in cui mi hanno spiegato che la mia figura non serviva più.
Per telefono è stato davvero brutto... poi quando li ho rivisti dal vivo sono stati un po' più calmi e comprensivi... mi hanno spiegato meglio che ce la potevano fare anche da soli.
Come hai reagito alla notizia?
Malissimo! Anzi... Peggio di quanto si possa immaginare! Ero in treno, ho quasi avuto un attacco di panico, poi ho realizzato che era una cosa normale, che poteva capitare, e che dovevo andare avanti con la mia vita professionale...
Come avresti voluto ti fosse comunicata la notizia del licenziamento, se avessi potuto scegliere?
Magari direttamente faccia a faccia, senza problemi. Non mi chiami prima per dirmi “ah, guarda non ci servi più” e poi alla luce della mia reazione ci ripensi.. poi decidi di rivedermi il lunedì per sistemare la cosa... ma che vuol dire? Neanche fossi una sconosciuta... collaboravamo da 3 anni. Credo non sia giusto moralmente... ne personalmente.
Eri soddisfatta della remunerazione e del contratto, se lo avevi?
Si, avevo un contratto. Quando ho accettato il lavoro ero studentessa alle superiori, quindi i primi anni che lavoravo da loro ero soddisfatta, abitavo con i miei e lo stipendio che mi davano era sufficiente. Non mi potevo lamentare quindi, i genitori di Gaia mi hanno anche aiutato economicamente in molte situazioni di bisogno.
Elementi di difficoltà nel lavoro con questa famiglia?
Il mio rapporto con i genitori di Gaia; non essendo mai presenti non mi sono mai potuta confrontare con loro. I primi anni di collaborazione sono stati piuttosto difficili perché ero molto giovane e alla prima esperienza e non sapevo che indicazioni dare alla bambina. Per intenderci: non sapevo se potevo sgridarla, oppure dirle “fai come credi”. Il papà era il più disponibile tra i due, mi rispondeva: “se hai dubbi fai come se fosse tua figlia”... ma essendo molto giovane, mi sarebbe piaciuto di più sentirmi dire: “fai come se fosse tua sorella”!
Hai mai sentito l'esigenza di rivolgerti ad un professionista più esperto di te, per chiedere consiglio su come comportarti con Gaia?
Certo, ho sentito l'esigenza moltissime volte, soprattutto perché non avevo grosso confronto con la famiglia di Gaia ne una preparazione sulla psicologia o l'educazione di un bambino... alla fine ho deciso di iscrivermi ad un corso di formazione e quando ho difficoltà mi rivolgo ancora alla docente principale del corso, per chiedere consigli.
Il babysitting è una tipologia di lavoro che si svolge spesso in casa e senza colleghi, ti sei mai sentita sola o annoiata?
Non mi sono mai sentita sola, perché in molte occasioni in casa c'erano il nonno e la sua badante. Quando invece eravamo da sole non mi annoiavo comunque mai, mi sono sempre divertita tantissimo con la bambina.
Cosa ti manca di più del lavoro con Gaia?
Gaia! (si commuove) Non mi mancano i soldi, ho un nuovo lavoro, mi manca proprio la bambina! Sono contenta che ogni tanto riesco a vederla però... mi manca passare il tempo con lei!
Il tirocinio al nido e il nuovo lavoro con Marco mi danno tante soddisfazioni, ma ogni tanto quando sono a casa penso: “a quest'ora dovevo andare a prendere Gaia...” . Gaia un po' mi manca...
Silvia, 21 anni.
I bambini crescono e le famiglie cambiano assetto, e insieme ad esso le proprie esigenze e possibilità.
Per quanto si possa pensare “fare la tata è solo un lavoro”, il momento dell'addio e la separazione dal bambino con il quale si è passato molto tempo è sempre doloroso e lascia un vuoto, persino in coloro che si preparano al distacco.
Questa intervista vuole essere un invito a comprendere quanto questa professione porti con sé ricordi ed emozioni, che come tali hanno bisogno di tempo per essere gestite, e del giusto tatto, proprio come nel caso di Silvia.
Ylenia Mazza
Sono una professionista che lavora al fianco delle mamme, dei bimbi, delle famiglie e degli operatori che si occupano di prima infanzia.
Credo fortemente nella prevenzione, e sono un' instancabile ricercatrice e studiosa. Il mio lavoro è la mia prima passione; tra le altre amo molto scrivere e stare all'aria aperta. Curo il blog Dott.ssa Ylenia e le sue pance .