Il primo ricovero di mia figlia
Nel gennaio del 2011, in occasione di un mal di gola, sento qualcosa proprio sopra il pomo d'Adamo di Aurora, che non quadra con nessun gonfiore da mal di gola che abbia mai visto: la porto da un amico otorino che fa subito la diagnosi, cisti del dotto tireoglosso, detta anche cisti mediana del collo.
La cisti mediana del collo va operata, una volta diagnosticata, perchè può suppurare in occasione di episodi flogistici, cioè infiammatori, delle vie aeree superiori che si diffondono alla cisti lungo il dotto tireo-glosso che, in questi casi, è appunto rimasto pervio invece di chiudersi: questo potrebbe portare ad ascessi della cisti con formazione di cicatrici deturpanti e risultati estetici poco soddisfacenti.
In breve: niente di grave ma va tolta. Viene messa in lista d'attesa, con calma, proprio perchè non è grave.
Entriamo in ospedale quindi in giugno, di Lunedì e Martedì viene operata. Io qui ci vengo spesso... vengo per i bambini altrui, mi prendo cura dei bambini altrui. Bambini sempre con patologie serie, sempre con situazioni gravi, noi organizziamo i loro rientri a casa, supportiamo la famiglia nella gestione di gravi patologie a casa, questo è il mio lavoro.
Stavolta si tratta della mia, certo la mia non ha niente, è un intervento di routine, risolutivo. Purtroppo l'esperienza mi ha portato a non impressionarmi per le stupidaggini di cui a volte soffrono i nostri figli, i figli cosiddetti sani, ma non è solo l'esperienza; questo è comunque il mio carattere, io sono veramente convinto che con i figli non ci si possono permettere isterismi, irrazionalità, disperazione, i figli guardano a noi come soluzione di tutti i mali e noi non dobbiamo mai tradire questo ruolo, non possiamo permettercelo, noi dobbiamo essere una base di cemento per loro, quelli che non s'impressionano mai, perchè per questo siamo diventati genitori.
Quindi si va all'ospedale, con armi e bagagli, valigia e giochi, fogli, colori, cartonicini, forbici, scotch, libri. Niente paura, niente preoccupazione... almeno niente in superficie.
Sento solo un sottile sottofondo di depressione, di blues, una malinconia scarsamente motivata, niente di preciso: un fondo grigio nell'anima.
Lei, Aurora, ci aiuta straordinariamente: mai un pianto, un no, un capriccio, un po' di paura. Siamo fortunati. E poi va tutto bene, come deve.
Certo, accompagnamo una figlia con la gola incerottata camminando insieme alla lettiga per lunghi corridoi, una figlia con gli occhi drogati dall'anestesia, le pupille dilatate, una parziale coscienza che non avevi mai visto, ma immaginavi.
Poi nella stanza le infermiere chiedono se il papà ce la fa a prenderla in braccio e a trasferirla sul letto, per minimizzare gli sballottamenti... ce la fa, ce la fa: ce la farebbe anche se pesasse 3 quintali.
E come la prendo mi inzuppa la camicia vomitando succhi gastrici, ma non è niente, non è veramente niente: è solo una figlia, un pezzo di cuore, che vomita mentre si riprende. Dopo qualche ora starà meglio, il giorno dopo ancora meglio, quasi bene...
Rimane solo quel sottile senso di malinconia, conseguenza dell'inquietudine che ci prende quando intravediamo che tipo di spaventosa responsabilità ci siamo presi mettendo al mondo dei figli: quando, a causa di eventi come questi, comprendiamo un po' di più che cosa significhi aver creato la vita, divenendo simili agli dei.. divenendo noi stessi dei, ma dei senza braccia.
Andrea Piras
Sono padre per scelta e soprattutto per passione, uomo inguaribilmente incantato dai bambini, dal loro mondo e dalle loro fantastiche faccende.
Nel magazine parlo di padri, figli e sogni. Parlo della genitorialità, maschile e femminile. Di vita, sentimenti, pensieri, riflessioni e quotidianità dell'essere genitori. E poi di sogni..