Diverso? SuperAbile... La SdD non è un problema
Articolo scritto da Antonella Vitrone, che si racconta così "Sono diventata mamma per ben tre volte. La new entry, solo 21 mesi, è arrivato inaspettatamente e con un cromosoma in più ma lui è il mio più bel capolavoro. Sono positiva e solare, un po’ diffidente ma molto disponibile. Amo la musica e mi diletto a scrivere. Nel mio blog Coloridellamore parlo della sdD in modo colorato poiché una vita a colori è più facile da vivere ma soprattutto cerco con i miei racconti di sfatare al riguardo qualche mito e di fare informazione. Qui mi occuperò di disabilità, pregiudizi, discriminazioni e luoghi comuni."
Ho conosciuto Greta in rete. Greta è una ragazza di 21 anni di Pavia, diplomata al Liceo socio attualmente iscritta all’Università IULM di Milano. Una ragazza come tante che è diventata speciale per aver messo a frutto i suoi valori.
Greta entra a far parte di un team sportivo Annabella Special team 87 con il quale inizia il suo accostamento al mondo disabile e scopre che questi ragazzi sono ragazzi come tanti, simpatici e impegnati con i loro progetti di crescita. Da qui in poi per Greta è una crescita interiore continua che la porta poi a realizzare uno spot sulla diversità ideato nell’ambito universitario IULM da insegnanti ed altre studentesse e di cui lei stessa ci parlerà.
Di lei mi ha colpita la dolcezza con la quale parla di questi ragazzi in particolare di Andrea, sedicenne con SdD che ha partecipato alla realizzazione di questo spot fornendo la propria immagine.
Lieta di poterne parlare e di invitarvi a cliccare un mi piace sul link in facebook per appoggiare questa campagna pubblicitaria sulla diversità. Non ci costa niente, solo un nanosecondo del nostro tempo.
Ora Greta risponderà a qualche domanda per conoscerla meglio.
Greta, che tipo di studi hai fatto o fai?
Ho preso il diploma di Liceo SocioPsicoPedagogico all’Istituto A. Cairoli di Pavia. Finte le superiori, dopo alcuni dubbi ho deciso di iscrivermi all’Università Iulm di Milano, frequentando il corso di Relazioni Pubbliche e Comunicazione d’impresa. Sono ora al secondo anno.
Com’è nata questa campagna pubblicitaria di cui ti occupi?
Questa campagna è nata all’interno del corso di Comunicazione Sociale dell’università IULM di Milano. Questo corso prevede un laboratorio creativo che permette a noi studenti, divisi in vari gruppi di lavoro, di creare una campagna sociale e seguirla dal momento del brief fino alla sua vera e propria realizzazione.
A guidarci durante il percorso sono stati i nostri professori, Alberto Contri, presidente di Pubblicità Progresso, e Roberto Bernocchi, fondatore di BeBetter, che appunto firmano la campagna.
I professori quindi ci hanno chiesto di creare una campagna contro ogni forma di razzismo e discriminazione, per valorizzare le differenze che ci aiutano a migliorare e a comprendere meglio il mondo in cui viviamo.
Essendo vicina al mondo della disabilità, e riuscendo a comprenderlo a fondo, abbiamo deciso di parlare della Sindrome di Down, o meglio di creare una campagna pubblicitaria rivolta a ragazzi normodotati affinché non abbiamo paura di relazionarci con la disabilità.
L’obiettivo è quello di ridurre le distanze che i ragazzi di solito mantengono verso compagni down, non capendo che non c’è bisogno di sentirsi a disagio con loro.
Tutto ciò che vogliono è sentirsi trattati alla pari.
Per questo abbiamo voluto utilizzare un linguaggio ironico, giocando sulla parola “Down” senza paura.
Hai avuto già altre esperienze in cui hai potuto essere a contatto con persone disabili?
Dal 2009 al 2011 ho collaborato con l’ associazione pavese “Special Team ‘87” per un progetto intitolato “A canestro… in modo speciale”.
Il basket ha un valore grande educativo: ti porta a guardare in alto, a guardare verso il canestro e a non avere paura del giudizio degli altri.
Ti pone degli obiettivi che con la cooperazione e con il sostegno reciproco riesci a raggiungere ma nello stesso tempo ti da la forza di credere in te stesso e nelle tue capacità.
Infine il basket ti da delle regole da rispettare fondamentali per vivere. Ecco facevo parte di un bellissimo gruppo composto da bambini, ragazzi e adulti dove non esisteva la parola disabilità ma solo la consapevolezza che ognuno era diverso e in quanto tale una risorsa fondamentale per la squadra.
Vista la tua giovane età, cosa sai della sdD?
A livello tecnico non so molto ma…. ricordo la prima volta che me ne parlarono. E’ stato in terza media quando la mia professoressa di scienze mi disse “Greta ho un’interessante ricerca da farti fare: Jérôme Lejeune un grande genetista francese ha dedicato la sua vita indagare la sindrome di Down.”
Non so perché avesse scelto me per questa ricerca ma sta di fatto che ho iniziato così a raccogliere informazioni.
Poi crescendo mi sono resa conto che non ero interessata a capire cosa geneticamente comportava la SdD ma ero più portata a scoprirla vivendo esperienze dirette.
Tu non hai né fratelli, né sorelle, né parenti con la SdD. Com’è che ti sei avvicinata a questo mondo?
Sono sempre stata attenta agli altri più che a me stessa. Quindi non mi sono tirata indietro quando mi è stata offerta la possibilità di far parte dello Special Team.
Qui mi sono avvicinata soprattutto all’autismo perché ero il punto di riferimento di Beatrice, una ragazza autistica, lei sapeva di poter parlare con me di tutto così ci scambiavamo consigli, racconti e opinioni.
Poi, sempre allo Special Team, mi si avvicina Andrea, un ragazzo con la sindrome di Down, mi fa conoscere suo fratello. Nasce così la mia grande storia d’amore, che dura ormai da tre anni e “il contatto ravvicinato con questo mondo”. Inizio a conoscere Andrea e la sua famiglia e piano piano inizio anche a condividere con loro la mia vita.
Cosa ti ha insegnato Andrea?
Ad Andrea devo tanto … devo ricambiare gli insegnamenti che mi ha dato, gli devo anni di felicità perché è grazie a lui che ora sono felice con suo fratello. Mi ha insegnato a ridere e a scherzare. Ci stuzzichiamo a vicenda, lui fa battute su di me e io su di lui, ridiamo e anche da vedere insieme siamo divertenti (e credo che questo aspetto compare in modo chiaro nella campagna sociale che ho contribuito a creare).
Mi ha permesso di interpretare il mondo con una sola parola, diversità.
Cosa vorresti dire alla gente che guarda il “diverso” e pensando che lo sia, lo isoli?
Crescendo e studiando mi sono resa conto quanto la famiglia e le esperienze dirette possano insegnarti a stare con gli altri. La famiglia è la prima fonte di valori e se non è lei a trasmetterti il valore della diversità diventa tutto più complicato.
Io continuo a dare il mio contributo a far vedere quanto non è per niente strano farmi una passeggiata con Andrea e scherzare con lui. E’ parte della compagnia di amici mia e di suo fratello e quando può e ha voglia di uscire passa con noi le giornate.
Con la campagna pubblicitaria che ho creato ho voluto sperimentare un nuovo modo di comunicare tutto ciò e coloro che isolano “il diverso”. Mi sta dando tante soddisfazioni oltre che i risultati ottimi rispetto agli obiettivi prefissati. Mi sprona ad aiutare a “sconfiggere la paura di relazionarsi con chi è diverso”.
Cosa vedi nel tuo futuro?
Ho tante idee per la testa e nessuna ancora riesce a dominare sull’altra. Sto ancora cercando il modo di combinare le mie passioni per creare qualcosa che possa davvero essere di aiuto agli altri oltre che a me stessa.
Stefania D'Elia
Sono mamma di 2 bambini di 5 e 3 (quasi) anni. Sono stata per anni un’impiegata, poi un licenziamento e la mia vita è cambiata.
Ho scelto di cavalcare gli eventi e ho iniziato a scrivere; di me, di noi, delle mamme. Ho gestito per mesi un magazine on-line, ho un blog personale e scrivo articoli che parlano di donne e famiglia su www.trentoblog.it e ora sono alla ricerca di nuove sfide.