Mamme all'estero, prima parte
Sono anni, ormai, che mi chiedo: “partire? Restare?”. Guardo gli italiani all’estero e vorrei fare la valigia e partire, per trovare anch’io un lavoro stimolante e gratificante come è accaduto a molte amiche che hanno avuto la mia stessa formazione, per cercare riflessi di civiltà che qui troppo spesso non trovo.
Poi però penso alla mia casa, ai miei genitori, che mi aiutano così tanto ora che c’è il piccolo arrivato, agli amici che mi mancherebbero, al mio sole e a quelle spiagge e non so.
Non so. Allora mi prende una sorta di “rabbia” contro un nemico che forse non ha volto, perché si nasconde dietro la classe politica che ogni giorno si maschera dietro slogan retorici e anacronistici, ma anche dietro chi li tiene al potere, chi accetta passivamente, stanco di lottare per cambiare le cose.
Non so. Ora che sono mamma, poi, il dubbio si fa più impellente e così capita sempre più spesso di parlare con madri italiane che vivono all’estero e chiedersi: “Perché noi no? Perché uno stato che avrebbe tutte le carte in regola per far crescere le nuove generazioni in maniera sana e serena, per molti versi ha ancora tanta (troppa) strada da fare?”
C’è chi è felice di vivere all’estero e chi invece è tornato. A legarli alla propria Terra di origine sono in primo luogo gli affetti, a tenerli lontani, invece, i motivi economici e sociali. C’è Iana, che ha deciso di essere mamma in Svezia: “La maternità e paternità qui sono vissute come una cosa naturale, non sono in conflitto con il lavoro.
Si può ottenere fino ad un anno circa di "parentalleave" da dividere tra madre e padre, e poi da quando il bambino compie un anno ha un posto assicurato al nido che si paga in base al reddito fino ad un massimo di 150 euro al mese compresi i pasti.
Insomma la società con questi accorgimenti favorisce la scelta di avere figli ed elimina discriminazioni tra sessi, questo si riflette anche nella cultura di datori di lavoro e colleghi”.
Dove vorresti che vivesse tuo figlio?
“In Italia ma solo ed esclusivamente perché sarebbe vicino a parenti ed amici”.
Il primo figlio è nato in Italia, dove deciderai di far nascere un secondo figlio?
“Per quanto riguarda come si viene seguiti durante la gravidanza io preferisco la Svezia. E' molto diverso perché qui non si + seguiti da un medico ma da una "midwife", l'equivalente della levatrice, figura professionale molto importante. Non c'è bisogno del medico perché non si è malate, questo è il loro ragionamento.
La midwife segue tutta la gravidanza e fa tutte le analisi necessarie in maniera completamente gratuita, l'unico neo è che è prevista una sola ecografia alla diciottesima settimana ma niente impedisce di farne altre privatamente.
Riguardo al parto penso che dipenda dall'ospedale in cui ci si trova comunque la politica generale è che non si possono ricevere visite, neanche dai nonni, mentre il papà ha accesso sempre quindi si ha tempo di conoscere il piccolo e le sue esigenze senza interferenze.
Insomma non voglio dipingere la Svezia come il paradiso ma credo che sia uno dei posti migliori dove avere figli”.
C’è Rachele, che tra le altre cose è anche una simpatica mamma blogger. Lei ha dovuto/voluto trasferirsi da poco tempo in Germania, sempre per motivi lavorativi legati alla carriera del marito.
Per loro è stato “amore a prima vista” con quella società: “Per il momento siamo ancora nella fase luna di miele, in cui vedi solo cose belle, magari tra qualche tempo saremo stanchi della rigidità mentale tedesca, per ora ti assicuro che vedere le cose che funzionano veramente è un sogno”.
“Qui per le famiglie c’è tutto: il rispetto per gli altri, l’attenzione per i bambini, l’aiuto da parte della società: giochi per loro in ogni negozio, da ogni dottore, feste per la famiglia ogni domenica, tanto verde, mille parchi, giochi tenuti perfettamente, quando entri nei negozi c’è sempre qualcuno che fa loro un regalino. Insomma, i bambini vengono prima di tutto ed è dovere di tutti aiutare i genitori. Fantastico, un vero altro mondo”.
“Al lavoro per esempio la gente mediamente esce alle 16 e mezz’ora dopo li vedi in bicicletta con i figli in qualche parco. Nel fine settimana è proibito agli insegnanti dare compiti a casa agli alunni perché il weekend è sacro ed è da dedicare alla famiglia”.
Nonostante questo pensate di tornare?
“Gli amici ci mancano tanto ma la famiglia era già lontana, quindi da quel punto di vista le cose sono cambiate poco. Come per tutti gli “emigranti” la nostra casa è l’Italia: è lì che vorrei tornare ed è lì che vorrei vivere da anziana. Speriamo che nel frattempo le cose migliorino, perché ogni volta che torni in Italia ti accorgi che non fa alcun passo in avanti verso la civiltà e ti viene un groppo al cuore”.
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