Come parlare di terrorismo ai bambini?
“Mamma, ma non si può vivere così!” questa è stata l’affermazione di Mattia (10 anni) a qualche giorno dagli attentati di Parigi. E queste sono le cose che ti spiazzano. E oggi mi ritrovo di nuovo alle prese con un attentato orribile, ancora una volta in Europa.
Questa volta, a differenza delle stragi di Parigi, stentano ad arrivare le domande dei bambini. Ma io sento che dovremmo parlarne. Sento che sotto sotto cova la preoccupazione che il loro mondo sia minacciato, anche qui, in una piccola cittadina. Ma non è così che ci sentiamo un po’ tutti?
Perché è facile dire che la vita deve continuare, eppure nel momento in cui decidi di fare una vacanza, magari all’estero, dietro l’entusiasmo e la voglia di partire, c’è un vago senso di inquietudine, soprattutto quando decidi di partire con i bambini. A Davide piacerebbe andare a Londra, ma io me la sento di portacelo?
La vita deve continuare, ma come?
Parlare di terrorismo ai bambini è difficile. Fatichiamo a capirlo noi, non capiamo cosa spinga delle schegge impazzite a uccidere decine di persone in nome di…cosa? Come possiamo spiegare una cosa così insensata? È una contraddizione in termini.
I miei bambini mi hanno chiesto: “Ma perché lo fanno?”. Lo hanno chiesto anche a voi? Ho optato per la sincerità: non lo so. Non lo so, bambini, ma voi non dovete preoccuparvi. Noi siamo al sicuro. Sono persone cattive, sono persone che credevano di fare la cosa giusta, ma in nome dell’odio verso il diverso. Ora però i responsabili verranno catturati e non potranno più fare del male.
“E se ce ne sono altri che fanno un attentato? E se lo fanno da noi?” I bambini fanno ad alta voce le domande che vorremmo fare noi e a cui vorremmo tanto avere una risposta rassicurante. Ora i governi e la polizia staranno più attenti e faranno di tutto perché non succeda più. Quello che possiamo fare noi è continuare a fare quello che facciamo, perché queste persone vogliono spaventarci e se noi ci lasciamo spaventare loro avranno raggiunto il loro scopo.
“Perché i musulmani fanno gli attentati?” Ecco no. Il fatto che parlino arabo o invochino Allah non fa di loro dei musulmani. Pensate ai vostri compagni di classe musulmani, ai nostri vicini di casa, siamo in un quartiere multietnico, pensate davvero che loro farebbero degli attentati? Tutto questo non ha niente a che fare con la religione. La religione è solo una scusa per giustificare quello che fanno, o forse per farci credere che il responsabile sia l’Islam, ma non è così.
Terrorismo, Isis, Islam, guerra sono vocaboli che entrano nelle case
E sono entrati anche in casa mia. Finchè i ragazzi erano più piccoli li ho tenuti fuori dalla porta per quanto possibile, ma ora? Ora sono entrati e vengono usati a sproposito, confusi tra loro, sulla base di stralci di telegiornale e di chiacchiere tra bambini confusi e forse ancora un po’ spaventati.
Cosa possiamo fare noi grandi? Mettere ordine in questo caos, leggere, informarci, aprire le nostre menti e non fomentare odio e paura per il diverso. Questo è quello che vogliono. L’unico rischio che corriamo è che le antenne super-ricettive dei bambini si accorgano che sotto sotto non crediamo proprio a tutto quello che diciamo, che in fondo un po’ di paura, per loro, per il mondo che gli stiamo costruendo, non sia un posto così sicuro.
Ciò che ho detto ai miei bambini, e che è una grande speranza nel mio cuore, è che loro hanno la grande fortuna di vivere insieme a tanti bambini di diverse nazionalità, culture e religioni, che stanno imparando a conoscersi, a trovare le differenze, ma anche le somiglianze. Che grazie a loro il mondo sarà un posto migliore, perché le differenze di colore o credo un giorno non saranno più così importanti, perché la forza della loro comprensione dell’altro sarà più forte dell’odio di pochi.
Ecco, forse dovremmo iniziare a crederci anche noi grandi e guardare i nostri bambini come coloro che hanno davvero in mano il futuro del mondo e noi dobbiamo dargli gli strumenti per farlo: amore, comprensione, conoscenza, interculturalità, coraggio. Come genitori abbiamo il dovere di essere più forti della paura. Io ci provo.
Annalisa Aloisi
Sono Annalisa Aloisi, ho 38 anni, un marito, 2 bambini di 11 e 8 anni e due gattoni. Sono appassionata di libri, montagna, medicina e guarigione naturale e sono Master Reiki.
Alla perenne ricerca della mia strada, in continua revisione di me stessa, sogno di poter un giorno lavorare con le mie passioni..