Bambini e tecnologia: 5 miti da sfatare
Voi cosa facevate da piccoli con gli amici? Io facevo i compiti, poi andavo a zonzo nei cortili, giocavo a palla, andavo in bici. Se ero in campagna dalla nonna, praticamente tornavo a casa solo a mangiare e dormire. Oggi è ancora così?
Beh, no, almeno a guardare i miei figli. Preferiscono rimanere a casa, frequentano molto meno i coetanei rispetto a quanto facevo io, un po’ perché sono tutti così pieni di attività pomeridiane, che ben poco tempo resta da passare con gli amici.
Il problema è la tv? Mah, io sono cresciuta a pane e tv, eppure avevo il tempo di uscire. Le nuove tecnologie? Ecco, forse quello. Non tanto per il tempo passato sullo smartphone, che a casa nostra è concesso in dosi omeopatiche, ma per il drastico cambiamento nelle modalità di comunicazione e frequentazione.
Le nuove tecnologie alterano il cervello dei bambini
Utilizzare i dispositivi elettronici, qualsiasi siano, provoca dei cambiamenti nel cervello che, secondo la ricerca di Aric Sigman sono molto simili a quelli riscontrati negli alcolisti. Se pensiamo che la maggior parte dei bambini e ragazzi tra i 12 e i 15 anni ha accesso in casa a ben cinque schermi (il televisore principale della famiglia, il proprio in camera da letto, una console di gioco portatile, smartphone e un computer), non c’è da stupirsi che il modo di comunicare sia così radicalmente cambiato, velocizzato, spersonalizzato.
Pare, secondo lo studio, che i ‘danni’ a salute e cervello inizino dopo due ore di utilizzo di dispositivi tecnologici e non si tratta solamente di disfunzioni nelle connessioni cerebrali, psicologiche (predisposizione all’ansia, alla depressioni, problemi di apprendimento e disattenzione), ma anche danni a lungo termine quali predisposizione all’obesità, colesterolo alto e ipertensione dovute ad una vita sedentaria.
I nostri bimbi nascono praticamente con lo smartphone in mano. Quando sono abituati fin da piccolissimi ad essere placati dallo schermo del telefono, la dipendenza si crea molto velocemente, il loro cervello si abitua a percezioni e velocità che non appartengono al mondo reale, ma a quello elettronico, a giochi che creano dipendenza (anche agli adulti) e saranno più facili a comportamenti aggressivi e iperattività.
La soluzione sta nel sostituire l’elettronica con sport e attività alternative? Pare proprio di no. La soluzione sta invece nella creazione di sani momenti di ozio, momenti non programmati e senza stimoli esterni poco sani. All’inizio sarà dura sentirli lamentare e vederli vagare senza meta: ‘Mamma, non so che fare!’. Tenete duro. Piano piano impareranno a riempire quei meravigliosi momenti con giochi e fantasie davvero.
5 falsi miti su tecnologia e bambini
UPPA, la nota rivista ‘Un Pediatra Per Amico’, ha pubblicato un interessante articolo sul rapporto tra bambini e nuove tecnologie, come sempre controcorrente, come sempre pieno di interessanti riflessioni e un ebook gratuito molto bello.
Ecco quali sono secondo Daniele Novara, pedagogista e autore di numerosi libri, i 5 miti da sfatare sul rapporto tra bimbi e tecnologia
La tecnologia serve per imparare meglio.
Per questo vengono introdotte nelle scuole lavagne interattive e nuovi supporti. Ma è proprio così? I nostri bimbi sono parte della prima generazione che sviluppa una competenza che non può essergli insegnata da chi li precede. Sono i bambini spesso a insegnarci come funzionano le nuove tecnologie, ma questo gli dà una responsabilità che non possono gestire e la falsa convinzione che queste conoscenze siano superiori alle nostre. In realtà le nuove tecnologie non sono davvero apprese e utilizzate dai cosiddetti nativi digitali, ma subite passivamente, tanto quanto la tv, né più né meno.
I social sono strumenti relazionali.
Non raccontiamocela. Non raccontiamoci che i tempi sono cambiati. Provate a mettere un bambino di 8 anni a fare una telefonata, 80 su cento non saprà cosa dire, cosa fare. I social sono strumenti pericolosi e infidi, da un punto di vista psicologico e relazionale anche per noi adulti. Chi passa molto tempo online e ha molti amici e like, solitamente è estremamente isolato nella vita reale. Perché la vita, la partita vera si gioca offline, dove ci vuole il coraggio di agire (nei social non serve coraggio per dire, ferire, essere feriti, basta una tastiera), la forza di impegnarsi ogni giorno in un amicizia, in un amore, in un lavoro…
Mio figlio deve avere tutto quello che hanno gli altri.
Ma quello che hanno gli altri è educativo, è utile, è sano? Una volta si diceva: se tutti saltano dalla finestra lo fai anche tu? I preadolescenti sono un mercato già conquistato, la prossima tappa sono i bimbi delle elementari e non è un’esagerazione. Siamo disposti a concedere tutto tutto ai nostri figli?
L’esperto ha detto che va bene.
Anni fa il burro era l’alimento ideale, la farina bianca si è dimostrata puro veleno. Il tempo ci dirà se per un bimbo di 9 anni avere un profilo Facebook (fasullo perché vietato fino ai 13 anni) o un accesso illimitato al web è davvero un bene. Temo di no. Ai posteri l’ardua sentenza…via whattsapp, ovviamente.
IO ho il controllo della situazione.
No, non ce l’abbiamo noi genitori. Non c’è la possibilità materiale di controllare, i filtri sono molto pochi e difficilmente applicabili, la scuola spinge all’uso dei dispositivi anche per i compiti. Lo sapete che un gruppo su 3 di ragazzini tra i 9 e i 12 anni è formato con il preciso scopo di umiliare e offendere uno dei componenti? È un dato che definire preoccupante è un eufemismo. Se un adolescente si connette per 2/3 ore al giorno chi di noi ha il tempo per controllarlo costantemente?
Bambini e tecnologia: esiste una soluzione?
“L’idea di risolvere i problemi che la fruizione del digitale pone attraverso l’informazione, la vicinanza e il controllo adulto si è rivelata inefficace. Tra le strategie più discutibili poi, decisamente equivoca e ambigua dal punto di vista educativo, annovero la convinzione che gli adulti debbano condividere la tecnologia con i figli. Sembra che, attraverso la loro vicinanza, i figli si possano da un lato sentir protetti dall’altro essere tutelati dai contenuti più osceni e più pericolosi. Ritengo che si tratti piuttosto di un’esortazione consolatoria, ad uso di chi non vuole affrontare seriamente quello che sta succedendo e assumersi responsabilità educative.” Afferma il dott. Novara
Ci dobbiamo fare i conti, non c’è niente da fare. Ma come? Possiamo limitare il tempo di accesso alla rete, non acquistare uno smartphone al pupo prima degli 11 o 12 anni. ma la cosa più importante è l’educazione all’uso responsabile, competente e sicuro degli strumenti. Non solo del bambino, ma anche del genitore. Senza allarmismi, senza terrorismo, ma consapevolmente, nel rispetto del prossimo e di se stessi, anche attraverso l’educazione emotiva del bambino che si ritrova in un mondo irreale e difficilmente gestibile.
Voi cosa ne pensate? Come gestite l'uso di smartphone, pc e connessioni dei vostri figli? Avete trovato un giusto equilibrio? Come li educate all'uso responsabile di social e chat?
Annalisa Aloisi
Sono Annalisa Aloisi, ho 38 anni, un marito, 2 bambini di 11 e 8 anni e due gattoni. Sono appassionata di libri, montagna, medicina e guarigione naturale e sono Master Reiki.
Alla perenne ricerca della mia strada, in continua revisione di me stessa, sogno di poter un giorno lavorare con le mie passioni..