I-rules: un libro geniale per vivere con la tecnologia
Non ditemi che sono fissata. Sì lo sono. È che ci sono dentro con tutte le scarpe. E ci siamo dentro tutti, anche quelli che dicono che i figli siano troppo piccoli per avere questi problemi, sia quelli che mettono la testa sotto la sabbia e vietano la tecnologia fino ai 21 anni.
Io nel web ci lavoro, ma credetemi su molte cose sono davvero ignorante. Ci sono chat, app di messaggistica, social che non ho mai sentito nominare e che presumibilmente i miei figli useranno. E poi come gestire emotivamente il nuovo tessuto sociale digitale e i rapporti tra coetanei? Come? Eh, bella domanda.
Perché tutti i genitori devono occuparsi subito di educazione digitale?
Io mi sto affacciando ora, da mamma, all’uso dei social da parte dei ragazzini, quindi sono una new entry. Ma una cosa ho notato nella maggior parte dei genitori: un costante senso di impotenza. Anche una certa paura ad entrare nel mondo dei propri figli per non essere invasivi. Mettiamocelo in testa, per proteggere i ragazzi dobbiamo invadere la loro privacy, è inevitabile.
Ma perché impotenza? Le frasi che sento ripetere quando mi confronto con altri genitori sono sempre le stesse. Non ci capisco niente. Non intervengo perché si chiude. È una brutta età e non si può sempre imporsi. Se gli tolgo lo smartphone ha delle crisi isteriche e poi si rifiuta di studiare (leggere, obbedire, mangiare,…). Non sa rispondere al telefono e sembra maleducato. Sta ore su Youtube a guarder i filmati degli youtubers e non so come arginarlo.
Non pensiamo erroneamente che questi problemi inizino con l’adolescenza. No. Bambini di 7 o 8 anni iniziano a giocare a giochi di ruolo online (Minecraft, Clas of clans, Clash royal,…) e devono entrare in squadre composte da sconosciuti con cui chattano anche. Se non ce ne accorgiamo in tempo e non chiudiamo questo canale con chi vengono in contatto?
Guardano i filmati su Youtube di altri giocatori di Minecraft, a volte 11enni o poco più questi mini youtubers, ma cosa propone Youtube come filmati che potrebbero interessarli? Non sempre cose educative, ve lo assicuro…
Le reazioni di solito sono due: si mette la testa sotto la sabbia e si vieta l’utilizzo dello strumento o, sempre con la testa sotto la sabbia, ci si arrende all’inevitabile.
Ma siamo davvero inermi? No. No, se siamo noi genitori i primi a voler intraprendere un po’ di sana educazione digitale. E non si tratta solo di imparare a conoscere e utilizzare le app e i social che usano i nostri figli, ma anche imparare a utilizzare le nostre, imparare una comunicazione adeguata, perché se non sappiamo gestire noi una comunicazione online come possiamo insegnarlo ai ragazzi? Ricordate la Netiquette di Baby Bazar?
I-rules: un libro da tenere sempre sul comodino
Così ho scoperto "I-rules. Come educare figli iperconnessi - Il decalogo che ha ispirato migliaia di genitori", un libro davvero interessante e piacevole da leggere, scritto da una mamma e un’esperta di educazione digitale per ragazzi e genitori. Chi meglio di una mamma alle prese con le difficile gestione della tecnologia può capirci?
La prima cosa che Janell Burley Hofmann ci propone è il suo contratto steso e firmato da lei, dal marito e dal figlio 14 enne quando ha ricevuto il suo primo smartphone. Meraviglioso. Ne farò uno anche io.
Ciò che è più interessante è leggere come lei e la sua famiglia affrontano tutte le difficoltà che ogni giorno si presentano con la tecnologia, dai tempi di utilizzo al rispetto della privacy, dal cyberbullismo alla gestione emotiva della comunicazione online. Trucchi, barbatrucchi, scene di vita vissuta, consigli che non fanno mai male, insomma un piccolo manuale che è sempre bene tenere a portata di mano.
Non dimentichiamo però che la cosa fondamentale è informarsi, formarsi e parlare, parlare, parlare. Coinvolgere nelle decisione anche il più ostico degli adolescenti, ragionare con i bimbi più piccoli, discutere senza calare le nostre visioni dall’alto, ascoltare, ascoltare, ascoltare.
Empatia, comprensione, essere brave persone, essere rispettosi degli altri e dei loro sentimenti, pensare prima di digitare, non lasciarsi trasportare dalla corrente, queste sono le regole base.
A 11 anni può sopravvivere anche senza cellulare, mi hanno detto. Certo, ovvio. Infatti lo può consultare per leggere i messaggi qualche minuto al giorno, un’ora a settimana per guardare filmati online sui suoi videogiochi preferiti, sotto stretta supervisione, oltre ad un’ora settimanale di videogioco, se si comportano in modo rispettoso e compiono i loro piccoli doveri quotidiani.
Ma oggi a 11 anni quanto è produttivo impedirgli di avere il suo smartphone? Se accuratamente monitorato, gestito e regolamentato può essere uno strumento molto utile. Certo, ci si trova ad avere a che fare con situazioni che avremmo evitato volentieri, ma non ci stiamo forse nascondendo dietro ad un dito?
Se l’educazione digitale fosse una materia scolastica avremmo già risolto parte dei problemi. Se noi adulti sapessimo usare i social in maniera civil….ehm…corretta, potremmo insegnare molto ai nostri figli. Basta con la sensazione di essere inermi, basta con l’indifferenza verso le attività online di bambini e ragazzini, basta mettere la testa sotto la sabbia. La comunicazione digitale c’è, è imperante, fondamentale, impariamo ad usarla.
Annalisa Aloisi
Sono Annalisa Aloisi, ho 38 anni, un marito, 2 bambini di 11 e 8 anni e due gattoni. Sono appassionata di libri, montagna, medicina e guarigione naturale e sono Master Reiki.
Alla perenne ricerca della mia strada, in continua revisione di me stessa, sogno di poter un giorno lavorare con le mie passioni..