Congedo di paternità: a che punto siamo?
Lo aspettiamo da tanto tempo e tarda ad arrivare, ma nei mesi scorsi si è mosso qualcosa in questa direzione. Stiamo parlando del congedo di paternità, il sogno di tantissime mamme, ma anche la speranza di tanti papà.
Quali leggi regolano la paternità oggi? Perché è tanto importante includere maggiormente gli uomini nella gestione della famiglia?
Dare la possibilità ai papà di seguire i propri bebé fin da subito è un grande passo verso l’uguaglianza sociale e la parità dei sessi. Facciamo quindi il punto della situazione.
Il congedo di paternità oggi
Per ora un piccolo cambio, tra il 2018 e il 2019 siamo passati da 2 a 5 giorni di paternità obbligatoria. Certo non sono grandi conquiste, ma è pur sempre un inizio. La Legge di Bilancio del 13 febbraio 2019 non ha solo aumentato il numero di giorni obbligatori e facoltativi di congedo, ma ha anche scatenato un dibattito all’interno del parlamento.
Se da una parte ci sono molti conservatori che non vogliono includere il padre nella vita familiare domestica, dall’altra ci sono grandi proposte al riguardo, alcune addirittura sfiorano l’impossibile, come quella della deputata del pd Giuditta Pini, che parla di 4 mesi di paternità obbligatoria.
Certo non siamo la Svezia o la Norvegia, dove i neopapà hanno diritto a passare 15 settimane con i propri bebé, ma anche da noi c’è chi, con gli occhi puntati verso il Nord Europa, vuole cambiare le norme e fare avanzare la società.
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Papà in congedo: tanti motivi per renderlo realtà
1. I padri di oggi vogliono assumersi le proprie responsabilità nella cura del bambino; vogliono conoscere il suo linguaggio, capirlo e sentirsi emotivamente legati a lui fin dai primi giorni di vita. Avere più tempo da passare con il proprio figlio permetterebbe al babbo di instaurare con lui un rapporto più diretto, meno mediato dalla mamma.
2. Anche per le mamme sarebbe una grandissima conquista: avere il compagno al proprio fianco e poter davvero contare su di lui le aiuterebbe nella divisione delle tante responsabilità e le solleverebbe dal rimanere necessariamente isolate tra le mura domestiche, oltre che dalla gestione delle innumerevoli pratiche di puericultura.
3. Sarebbe un grande passo verso l’uguaglianza perché ridurrebbe le discriminazioni sul luogo di lavoro (pensiamo a tutti i casi in cui una donna in età da figli non viene assunta), darebbe la possibilità a molte mamme di non rinunciare alla propria professione per la famiglia, consentirebbe loro di portare avanti i propri progetti e la propria carriera anche appena dopo il parto.
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