Change! Cambiare casa senza traumi!
La maggior parte delle famiglie che conosco vive nello stesso posto da anni. La casa in cui i neogenitori hanno portato il pupetto dall’ospedale è la stessa dove ora festeggiano i 10 anni del figlio. I benefici di questa stabilità sono fuori discussione, sappiamo quanto per i bambini sia importante la routine, se ne è parlato proprio sul Magazine quelche mese fa.
Crescere in un unico posto, circondati dalle proprie certezze riesce a trasmettere al bambino qualche sicurezza in più. Ma quando questo non avviene? Quando si cambia non solo casa, ma addirittura vita in quegli anni di crescita in cui la stabilità è tanto importante?
Noi ne abbiamo affrontati diversi di traslochi, il primo quando mio figlio aveva 16 mesi, e fino a che ha compiuto cinque anni abbiamo cambiato altre tre case. Tutte nello stesso quartiere, cambiava la sua stanzetta ma il contorno rimaneva sempre lo stesso. Poi ha cominciato le elementari in un posto nuovo: una nuova casa, un nuovo assetto familiare, nuovi compagni e nuovo tipo di scuola.
E quest’anno un altro trasloco, un altro inizio. Ancora, si saluta la vecchia vita, i vecchi amici e si ricomincia da capo. Non posso negare che abbia avuto delle difficoltà, si è praticamente sentito mancare il terreno sotto i piedi, e anche io ho avuto i miei bei momenti di sensi di colpa e paure per lui.
Forse forte delle esperienze precedenti, forse perché convinta di aver fatto la scelta giusta, ma credo di essere riuscita a gestire bene tutte le emozioni e le problematiche di questa nuova situazione.
D’altronde, quando si mette il proprio figlio di fronte al fatto compiuto (o comunque stabilito) che sta per cambiare vita, credo ci siano pochi fondamentali punti da tener presente. Non sono certo un’esperta di psicologia infantile, potrei magari essere smentita da chi di dovere, ma la mia esperienza con mio figlio mi ha fatto capire come ci si potrebbe muovere in una situazione del genere.
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Se l’età del bambino lo permette, credo sia sempre meglio parlarne con lui. Certo, se il trasferimento è dovuto a motivi di lavoro o ad altre ragioni che non consentono di cambiare idea, non ci si può aspettare un confronto alla pari. Non ci si può aspettare che lui sia subito d’accordo, ci sono cose che magari alla sua età non può capire fino in fondo, ma metterlo al corrente di quello che sta per succedere gli evita l’effetto sorpresa, che è forse ancora più destabilizzante.
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Cercare di coinvolgerlo il più possibile. Se si va in un posto che lui non conosce e bisogna cercare casa, magari portarlo con sé, fargli scegliere la stanza che preferisce, e perché no, andare un po’ in giro per vedere com’è il nuovo posto, giocare nel parco giochi e cercare di fargli capire che anche lì potrà continuare a divertirsi.
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Rispondere, nei limiti dati dalla sua età, a tutte le sue domande. Forse all’inizio sembrerà non avere nulla da dire o da obiettare, come mi è capitato con Mattia, ma nel suo cervello di bambino le informazioni si affollano, meglio che siamo noi a dargli spiegazioni piuttosto che lasciare che si faccia delle idee e delle convinzioni sbagliate.
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Ricreargli il suo ambiente: portare con lui i giocattoli che aveva nella “vecchia” cameretta, se possibile gli stessi mobili, secondo me lo aiuta a tenere un filino di continuità.
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Farlo entrare subito in una nuova routine fatta di parco giochi, pomeriggi con i nuovi amici, una puntatina in gelateria, o comunque quello che si faceva insieme prima.
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Farci vedere sicure della scelta che abbiamo fatto. D’altronde, se ci stiamo trasferendo in un nuovo posto un motivo ci sarà, se abbiamo deciso di sottoporre i nostri figli a un grosso cambiamento non lo abbiamo certo fatto a cuor leggero. In quanto madre sono il riferimento di mio figlio: se tentenno io, come posso pretendere che lui affronti la novità con animo sicuro e sereno?
Queste sono solo mie riflessioni, nate da questi primi mesi di vita nuova con mio figlio. Non è sempre facile, ancora mi dice che gli mancano i suoi amici e a me si stringe il cuore, ma prima o poi capirà che le mie scelte sono tutte nate dalla voglia di dargli un futuro migliore.
Nel frattempo, non si può fare altro che fargli vivere al meglio la nuova quotidianità, facendo in modo che man mano che passa il tempo la senta sempre più sua e sempre meno come “nuova”.
Grazia Calderaro
Sono Grazia, una mamma di 30 anni. Ho un bimbo di 8 anni, un compagno e un gatto!
Vado avanti a cappuccini a ogni ora del giorno, sono perennemente (e inutilmente) a dieta e, soprattutto, sono innamorata pazza di mio figlio, che a otto anni ancora non ha capito che chi comanda dovrei essere io! Mi trovate anche sul blog Una mamma normale.