Maternità e lavoratrici autonome
Spesso ed erroneamente si crede che, a fronte di una tutela elargita sotto vari aspetti alla lavoratrice dipendente in attesa, non ne esista una corrispondente per la lavoratrice autonoma e la libera professionista, per le quali, l’attesa di un bambino non permetterebbe l’interruzione della propria attività lavorativa, se non a discapito del reddito e delle inevitabili ripercussioni sul mercato, dando corpo all’idea che “devo garantire un servizio sempre e comunque” e “se non lavoro non mangio”. Ciò non è corretto.
La tutela della maternità è uno degli aspetti fondamentali per la nostra società e per il suo sviluppo, chiunque è portatrice di nuova vita, viene tutelata per tutto il periodo necessario a garantirle salute e benessere, sia per lei che per il nascituro, anche se con profili parzialmente diversi rispetto alla lavoratrice dipendente.
Prima di tutto occorre differenziare la lavoratrice autonoma soggetta a regime INPS dalla libera professionista iscritta in apposite Casse o Enti di Previdenza Professionali.
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Rientrano nella prima categoria di lavoratrice autonoma, la coltivatrice diretta, mezzadra, colona, imprenditrice agricola, artigiana e commerciale, in regola con il versamento dei contributi e che, per questo, ha diritto a un’indennità di maternità per un periodo di 5 mesi, così come la lavoratrice dipendente.
Tale indennità sarà pari all’80% delle retribuzioni convenzionali giornaliere, stabilite dalla legge anno per anno e che variano secondo la categoria di appartenenza.
Per l’erogazione dell’indennità, occorre presentare domanda on line, corredata da documento d’identità della lavoratrice, certificato dello stato di gravidanza e documentazione inerente alla regolarità contributiva.
L’indennità, conteggiata come sopra, sarà liquidata direttamente dall’Inps dopo il verificarsi dell’evento parto e tramite accredito o bonifico in c/c bancario o postale. -
Per la libera professionista iscritta in apposite Casse o Enti di Previdenza Professionali, quali giornaliste, avvocati, agenti di commercio... la rispettiva indennità è invece erogata direttamente dall’Ente di appartenenzae sarà pari all’80% dei 5/12 del reddito professionale conseguito nel secondo anno antecedente l’evento.
In questo caso la domanda va presentata all’Ente di riferimento, con le modalità da questi prescritte, e dovrà essere corredata, da un’autocertificazione, dove si attesti di non ricadere nel regime Inps.
Diritto all’indennità ma non astensione obbligatoria.
Oltre a piccole differenze procedurali, quello che distingue nettamente la lavoratrice autonoma o la libera professionista, dalla lavoratrice dipendente, è che per l’autonoma non esiste un obbligo di astensionedall’attività lavorativa.
La giustificazione di questa differenza è data dal fatto che la lavoratrice autonoma e la libera professionista, per le modalità di lavoro, può meglio organizzarsi con ritmi e orari flessibili, tali da permettere una conciliazione tra attività lavorativa e tutela della salute e dell’evento vita. Questo nella teoria, perché in realtà, è più frequente il verificarsi della situazione opposta e, in assenza di uno specifico divieto, la lavoratrice autonoma, consapevole di operare in un mercato libero dove garantire il servizio sempre e comunque è il primo passo per sopravvivere, si trova a trascurare se stessa e la sua gravidanza.
Molte le storie di donne che raccontano di aver lavorato fino al giorno prima del parto e di aver ripreso subito dopo o comunque in tempi molto brevi. Di avere difficoltà a organizzarsi e di essere penalizzate nell’accesso ai servizi per famiglie, messi a disposizione dallo Stato.
Quello che per il legislatore è sembrato un privilegio (poter organizzare il proprio lavoro in base alle proprie esigenze), è nella realtà un limite e, a parere della sottoscritta, è frutto di un vuoto legislativo che deve essere al più presto colmato.
Un po’ fuori tema, mi permetto di aggiungere una mia personale considerazione: dare la vita è uno dei lavori più difficili ed impegnativi che una persona si può trovare ad affrontare, lo stravolgimento fisico e psicologico che da questo ne deriva, merita cure ed attenzioni. Il primo dovere, una madre lavoratrice, ce l’ha verso se stessa e verso la sua “missione” e prendersi una pausa dal lavoro, non vuol certo dire riposarsi. Capiamo questo e facciamo ciò che è meglio... ah io sono una lavoratrice autonoma!!!
Maria Elena Bravi
sono Mamma di un bambino che tra poco compirà tre anni e in attesa di una bambina per l'arrivo della primavera. Moglie, madre, lavoratrice, tutto a tempo pieno.
Grazie ai miei studi giuridici, lavoro nel campo della consulenza legale aziendale, curo il blog Mamma Piky e faccio l'acrobata tra tutti gli impegni della giornata. Per BBMag affronterò il tema della maternità e della famiglia dal punto di vista legale.