Se tu guardassi con il cuore oltra la disabilità
"Se tu guardassi con il cuore oltre la disabilità" è la sfida che lancia in rete Antonella. Impossibile non partecipare, ho un unico rammarico: aver scoperto tardi questo contest, oggi infatti è l'ultimo giorno utile per partecipare. Mi sarebbe piaciuto condividere prima l'iniziativa con tutti voi per chiedervi di partecipare in massa. Mi sono imbattuta in Antonella per caso, una richiesta di amicizia che per caso accetto (sono sempre un po' dubbiosa di chi non conosco) e pei che mi ringrazia. Ora so che sono io che devo ringraziare lei, per avermi permesso di conoscere il suo blog: un universo d'amore che scalda il cuore.
Disabilità. Si fa presto a dire "disabilità" una parola che racchiude un infinità di pensieri, paure e dubbi. Ancora ricordo quando incinta mi avevano parlato della possibilità di fare un test che mi avrebbe detto (con una percentuale d'errore non indifferente tra l'altro) se mia figlia sarebbe stata sana oppure no. Ho guardato mio marito e gli ho detto "io un test non lo faccio. Tanto nostro figlio rimane con noi, agitarsi per quello che sarà per tutta la gravidanza a cosa può servire?
Con Samuel, il nostro secondo figlio, ho avuto qualche dubbio in più, avevamo Gaia e avevo paura che una mia scelta sarebbe ricaduta inevitabilmente anche su di lei. Ma avrei abortito? No. Non fa parte di me e quel test non è stato fatto.
Disabilità. Una parola che spaventa. Una parola che racchiude un mondo che non conosciamo.
Ho pensato tanto a cosa scrivere, a cosa raccontare, e la realtà è che non riesco a trovare nulla da dire che non suoni vuoto e retorico.
Lascio quindi la parola a Gaia, la mia piccola principessa che più di una volta mi ha tolto d'impiccio quando vengo colta dal "blocco da foglio bianco".
Piccola lei avrà avuto 3 anni e forse meno, al parco, un signore in carrozzella guarda i bimbi che giocano.
Vedo che lo guarda con i suoi occhioni curiosi, "E' un nonno" le dico, chiedendomi se quella spiegazione potesse bastare a una bambina.
Gaia pensa che sia strano un nonno sul "passeggino", con l'inconsapevolezza dei suoi 3 anni va da lui e gli chiede "come mai stai sul passeggino?"
Io volevo sprofondare, lui la guarda con dolcezza infinita e gli spiega che non può camminare. Lei ha capito e io ho capito con lei che non bisogna avere paura di chiedere. Abbiamo entrambe sorriso a quel signore che ha insegnato tanto a tutte e due.
Tante cose non si conoscono stanno al buio, nascoste dietro un angolo ma basta aprire una finestra per far entrare la luce.
I bambini sono la luce: non dobbiamo aver paura delle domande che pongono.
Stefania D'Elia
Sono mamma di 2 bambini di 5 e 3 (quasi) anni. Sono stata per anni un’impiegata, poi un licenziamento e la mia vita è cambiata.
Ho scelto di cavalcare gli eventi e ho iniziato a scrivere; di me, di noi, delle mamme. Ho gestito per mesi un magazine on-line, ho un blog personale e scrivo articoli che parlano di donne e famiglia su www.trentoblog.it e ora sono alla ricerca di nuove sfide.