Terzo figlio in arrivo. Le paure di una mamma
Una famiglia nella media: madre, padre e due bambini, femminuccia e maschietto.
Il papà e la mamma lavorano entrambi: di questi tempi una bella fortuna. Peccato che il lavoro dei due disti circa 600 km. La mamma, quindi, vive con i due bimbi e il papà in un’altra città. Lo scenario presente appare questo. Poi c'è stata una vacanza a Sorrento. E niente è più come prima.
Mi sveglio una mattina con una bella pelle fresca e luminosa, i capelli senza un filo di crespo; in profumeria mi avevano dato davvero dei buoni campioncini questa volta!
Metti poi che quella stessa sera il libro della Kinsella per cui ridevo a crepapelle fino al giorno prima, mi abbia fatto sciogliere in lacrime di commozione. Aggiungi una nausea devastante, e quegli inequivocabili segnali, quelli che ogni donna sa. E' ora di far vacillare la mia incrollabile fede nella nuova cosmetica. Va bene, forse non avevo ancora trovato la crema idratante né la lozione anti crespo miracolosa, però in compenso probabilmente per i futuri 18 mesi non ne avrei avuto bisogno.
Lo avevo desiderato tanto, ci ero andata vicino più di una volta, ma adesso che ne avevo la certezza, tremavo.
La teoria (almeno la mia) era che la famiglia numerosa è una grande ricchezza: crescere guardando il mondo da tante angolature, dividere e condividere non solo il superfluo, imparare a solidalizzare per affetto, non riuscire a ritagliarsi un attimo di noia tutta per sé, avere dei complici per la vita, anche se qualche volta ci si mettono le distanze. E ve lo dice una che è cresciuta come terza di quattro figli.
La pratica (sempre la mia) è che mio marito lavora a circa 600 km di distanza, che viviamo in una casa davvero piccolina, e che io a settembre avevo ripreso a lavorare, ed eravamo solo a maggio; e tante volte avrei voluto clonarmi per accompagnare i bimbi a fare sport, alle festicciole, al parco, a fare i compiti, alle riunioni scolastiche. Era stato un inverno impegnativo: il mio viso (e non solo) aveva davvero bisogno dei miracoli della cosmesi.
A quanto pare, però, un altro piccolo miracolo era avvenuto e tutto era già cambiato. I bambini decidono da soli quando arrivare: spesso sfidano ogni nostra logica, il comune "buon senso", i nostri calcoli, a volte i nostri mezzi. Una volta arrivati, però, sanno farsi perdonare.
In mezzo a tante perplessità, strano ma vero, l'idea di cambiare pannolini e consolare colichette mi è sembrato subito ben più riposante di affrontare capricci devastanti e compiti di prima elementare, anche se sospetto fortemente che questa bizzarra idea sopraggiunga dagli ormoni della gravidanza.
Ad ogni modo, come prima cosa c'era da dirlo al marito. Per fortuna all'epoca lo avevo scelto bene, su di lui gli shock hanno un effetto stabilizzante. Insomma, confortata dal mio uomo e dai miei ormoni, con questa nuova consapevolezza, ho affrontato il mondo e le sue, legittime, domande:
"Come farai da sola con tre bambini?"
"Come farai col lavoro?" (Già, infatti, come farò?)
Sopra a tutte, la reazione che accompagna la notizia è: "Complimenti, il terzo!! Ci vuole un bel coraggio! Voluto o capitato?" Qualcuno lo dice col cuore, ben sapendo quanta energia, quanta fantasia e quanta pazienza dovrà necessariamente crescere in maniera esponenziale, e quanto una madre si possa sentire sempre inadeguata all'idea di farcela. Per qualcun altro invece il terzo figlio è un capriccio, una spiritosaggine, una "cosa in più" (tanto più se hai già una femminuccia e un maschietto), un lusso di nicchia, o peggio, la scusa per non andare a lavoro; perciò deve essere per forza più "capitato" che voluto.
Non mi soffermerò a rispondere su come si calcola il coraggio delle mamme e dei papà, anche se dubito che dipenda dal numero dei figli, quanto ci tengo a dire che voluto o capitato, inatteso o cercato, ogni cuore di genitore è abbastanza grande da accogliere il bimbo che li ha scelti.
Confesso, davvero a bassa voce, che adesso che mi fa compagnia, che scalcia mentre scrivo, che singhiozza mentre gli lavo il corredino, ora che siamo in simbiosi, quasi quasi mi dispiace che possa essere l'ultima volta... Questo però, non facciamolo sapere in giro...
Gabriella D'Ippolito
Mi chiamo Gabriella D'Ippolito. Bibliotecaria per passione e per professione. Sono mamma di tre bambini.
Nel tempo libero faccio la moglie, la manager per gli eventi mondani dei miei figli e la lettrice compulsiva. Vivo con la consapevolezza che, nonostante tutto, questi sono i miei anni migliori.