Maternità, tornare al lavoro spesso è una necessità

Lunedì 04 Novembre 2013

 Sono diventata mamma tre anni fa, nel pieno della mia carriera lavorativa, quando la crisi era già uno spauracchio che stava facendo capolino, ma a cui, in verità, nessuno ancora badava. Ero impiegata, da lavoratrice autonoma, in una realtà che viveva un florido periodo e che macinava contratti quasi quotidianamente. Un ambiente pressoché maschile, dove per far emergere il valore, l'unica cosa era dimostrare, sempre. 

Quando comunicai che aspettavo un bambino, le occhiatacce si sprecarono, e l'idea che, una volta diventata madre, sarei diventata inaffidabile, ci mise poco a prendere piede, anche per questo lavoravo tanto. In realtà lavoravo sempre, ed il giorno prima del parto ero ancora seduta alla mia scrivania in preda a fastidiose contrazioni. 

Cosa fosse la maternità, intesa come congedo dal lavoro, lo sapevo solo in teoria, nella pratica non l'avevo ancora vissuta e sapevo che forse non l'avrei conosciuta nemmeno dopo il parto. 

A pochi giorni dalla nascita di mio figlio, divisa tra pianti, latte e pannolini, già rispondevo a telefonate di lavoro ed inviavo mail urgenti, cercando di rispettare per quanto possibile impegni e scadenze e, a poco più di un mese, ero di nuovo in ufficio, con degli orari impossibili e con la necessità di incastrarci le poppate

Ho avuto la fortuna di avere mia madre come spalla d'appoggio, ma mio figlio aveva comunque un mese, lasciarlo è stata dura ed i sensi di colpa dei macigni. Correvo tra casa e ufficio almeno quattro volte il giorno, passando gran parte del tempo in mezzo al traffico. 

Spesso facevo appena in tempo a sedermi davanti alla scrivania ed il telefono prendeva a squillare per dirmi che lui no, non ci stava e che tutte le coccole della nonna non equivalevano ad un bacino di mamma e così, sempre di corsa, uscivo di nuovo, percorrevo la strada a ritroso e provavo a calmarlo con abbracci e latte. Poi tornavo al lavoro. 



Non so nemmeno io quante volte sia successo. I primi mesi furono duri, e conciliare, un miraggio che non riuscì subito a concretizzare, procedevo per tentativi e tante volte sbagliavo, eppure so che per certi aspetti sono stata fortunata, molto più di altre mamme per lo meno. Io un aiuto l'ho avuto e ciò a reso possibile ed accettabile il resto. 

Questo succedeva tre anni fa ed oggi, con la mia seconda maternità, sto rivivendo la stessa sorte. Continuo a correre tra ufficio e casa, ad allattare con il pc accanto, a puntare la sveglia sempre un po' prima per riuscire a fare tutto e a cercare di recuperare quello che non son riuscita nel week end. 

Nel frattempo cresco i miei amori, dedico a loro tutto il tempo che posso, e cerco di essere una buona madre. Pochi giorni fa ho sentito qualcuno dire che "La gravidanza non è una malattia". Sono d'accordo. Non lo è. Figuriamoci la maternità. Ogni mamma lo sa ma non c'è scelta che prenda che non sia dolorosa

Godersi i primi mesi del proprio bambino o tornare subito al lavoro, spesso non sono decisioni, bensì conseguenze di una realtà senza alternative, e soprattutto senza privilegi.

commenta magazine

 Maria Elena BraviMaria Elena Bravi su Facebook

Maria Elena Bravi

sono Mamma di un bambino che tra poco compirà tre anni e in attesa di una bambina per l'arrivo della primavera. Moglie, madre, lavoratrice, tutto a tempo pieno.

Grazie ai miei studi giuridici, lavoro nel campo della consulenza legale aziendale, curo il blog Mamma Piky e faccio l'acrobata tra tutti gli impegni della giornata. Per BBMag affronterò il tema della maternità e della famiglia dal punto di vista legale.